Cento Anni di Grande Guerra
Evento Terminato Presentazione dell'ultimo saggio di Quinto Antonelli - Doninzelli, 2018
- Biblioteca a Fiera di Primiero
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09 ago 2018 - A cura di Biblioteca Intercomunale di Primiero
Presentazione del libro di e con QUINTO ANTONELLI (storico, responsabile dell’Archivio della scrittura popolare alla Fondazione del Museo Storico del Trentino), edito dalla prestigiosa casa editrice Donzelli.
Fin dal titolo Antonelli esprime in modo
trasparente il senso del suo lavoro: il suo viaggio, documentato in maniera
ampia ed indiscutibile, non può certamente tralasciare i riferimenti diretti al
conflitto, ma soprattutto esplora il dopo, provando (riuscendoci) a rispondere
«ad alcune domande fondamentali: quali eventi, quali date, quali aspetti della
Grande guerra gli italiani hanno inteso ricordare? E come? Con quali
iniziative, cerimonie, narrazioni e rappresentazioni?». Dal 1918 cresce e si
sviluppa in molteplici e controverse forme una rilettura della Grande guerra.
Antonelli illumina questa secolare stagione, affronta la materia senza
inibizioni e con la giusta distanza, con rigore e razionalità, riservando le
emozioni a chi le merita censurando, dati alla mano, i comportamenti, le viltà,
le viltà e le convenienze dei tanti che, fin dall’immediato dopoguerra per
arrivare ai giorni nostri, hanno fatto un uso distorto e colpevole delle
tragedie e della memoria di quella guerra. (dal Corriere dell’Alto Adige,
20/02/2018)
IL LIBRO:
Cento anni sono trascorsi dalla fine della
Grande guerra, cento anni durante i quali la memoria del primo conflitto
mondiale si è radicata nella nostra identità. È entrata nel calendario civile
con le «feste» del 24 maggio e del 4 novembre; ha segnato il volto delle città
con monumenti grandi e piccoli; si è impressa nei nomi delle vie; ha
trasformato il teatro delle battaglie in luogo di culto punteggiato da decine
di sacrari; persino i resti di quel sistema di trincee, forti e caverne sono
diventati mete per pellegrini e turisti. Gli autori di queste pratiche
commemorative sono stati i più diversi: esponenti delle gerarchie militari e
delle associazioni combattentistiche e d’arma, rappresentanti delle
istituzioni, dirigenti politici; e poi architetti, giornalisti, registi,
insegnanti, redattori.
Una memoria, tuttavia, troppo spesso dominata da
un’unica voce solista, retorica e celebrativa, che glorifica la necessità e il
valore della guerra, che osanna gli eroi e sovrasta le voci di chi a quella guerra
non ha mai creduto: voci stridenti, indisciplinate, a cui è difficile prestare
ascolto. È anche su questo controcanto che si sofferma l’analisi attenta e
rigorosa di Quinto Antonelli, sfruttando appieno le armi della cultura
«materiale». Dagli articoli ai monumenti, dai libri di testo alle lettere, dai
pellegrinaggi alle mostre, dai film alle canzoni, ciò che affiora è una vera e
propria memoria «polifonica».
Pagina dopo pagina prende consistenza l’orrore
che appartiene alla guerra, anche – e forse soprattutto – a quella che
ricordiamo come la Grande guerra; tra gli acuti di chi ne declama le virtù si
fa strada la voce di chi ne smaschera le false ragioni, di chi la mette a nudo
e ne condanna la bestialità; mano a mano, sotto l’alone di gloria che circonda
l’eroe emerge un’uniforme sporca e lacera, la divisa del soldato in guerra, e
in guerra, conclude Antonelli, il soldato «è sempre qualcosa di meno di un
uomo».